Atelier Alchimia
Mobile Infinito

Mobile Infinito

Il Mobile Infinito

Provo qui ad immaginare un mobile che per convenzione chiamerò “infinito”: nella sua infinitezza esso potrà avere infinite forme, infinite fasi, infiniti tempi, infinite narrazioni, infiniti pensieri, infinite dilatazioni, infinite assenze; potrà essere inteso anche come una architettura infinita, potrà addirittura superare un limite estremo, quello del non ritorno, di non ritrovare più se stesso. Potrà corrispondere a una ricerca o a una voglia naturale, come fare un grande respiro in un luogo scuro e sconosciuto, senza sapere di quale gas esso è pieno.

Non so se il mobile infinito sia bello o brutto, utile o inutile, micro o macro-cosmico, del resto non è quello il suo piccolo scopo, perché il suo scopo è infinito. Anzi il mobile infinito non è nemmeno un mobile o una architettura ma l’occasione, il pretesto, l’esperienza di fare di fare un progetto indefinito che vaghi al di fuori delle dimensioni limitate del progetto stesso come succede ai pescatori che tirano all’infinito la rete e mai sapranno cosa accadrà.

Il mobile infinito è il tentativo di ottenere un risultato non mediocre da un insieme di condizioni mediocri. Detto questo è chiaro che il mobile infinito non proprio affatto un mobile ma una allegoria, un ex-voto, una metafora per altri problemi, un pendolo sospeso sulla storia degli oggetti, una specie di banalità condotta al suo stato di classicismo.

Più che un mobile, allora, il mobile infinito, assomiglia ai panni sempre stesi sul balcone, a una biblioteca che sempre si rinnova, a una collezione di quadri preraffaelliti, a un deposito di armi, al negozio di un fioraio che getta i petali appassiti, a una costellazione alla deriva tra cielo e terra. Infatti il mobile infinito non è un progetto ma piuttosto un fatto infinitesimale che ha la sola pretesa di avvenire.

Questo fatto sembra anche un certo numero di persone nude, che si vestono, vanno dal parrucchiere, si mettono le scarpe e le collane, cambiano il vestito, sono allegre o malinconiche e ognuna di loro fa qualcosa: dottore, commessa, cartolaio, telefonista, scolaro.

Il mobile infinito perciò è un gruppo indefinito di elementi di legno, come corpi nudi che si decorano e si camuffano con festoni, piume, segnali, figure, bandiere, maniglie, aste, arabeschi, oscillazioni, luci, statue, cioè con la possibile aggregazione infinita delle allucinazioni, degli incanti e degli abissi presenti nella nostra mente e ognuno di essi compie qualche lavoro: sedia, letto, tavolo, eccetera.
Il mobile infinito propone un concetto disomogeneo dell’arredo perché afferma che gli oggetti dentro la casa sono un accumulo, una foresta, un groviglio di passioni e di avvenire.

Così il mobile infinito è un mobile dalla natura romantica, buio e luminoso insieme, sporco e pulito, grigio e colorato: il letto sa che qualcuno all’infinito si girerà sopra di lui insonne, lo specchio sa che all’infinito accumulerà in sé immagini di peccato, il cassetto sa che sempre nasconderà lettere segrete (e perciò è fatto più bello dentro che fuori), la credenza sa che qualcuno vorrà ritrovare in essa quella finto antica carica di memorie, costretto a sostituire.

Il mobile infinito è anche un sistema di oggetti molto ideologici e molto moralisti, quel mobile pacifista di una guerra metafisica senza fine, che vive e muore dentro noi. Il mobile infinito è un gioco di opposti, uno sfogo anti-progettuale, l’attitudine a ottenere degli ambienti indipendenti dalle regole progettuali e dalle istituzioni maschili e femminili.